Vi siete mai chiesti come nascano le mode di comunicazione? Il perché vi siano persone che riescono a passare il traguardo, attraversare quella barriera e arrivare ‘in alto’ e chi invece, pur avendo grande talento, non riesce mai?
Quando non si trovano risposte nel presente, spesso è meglio cercarle nel passato.
Facciamo un salto indietro a Dante e Manzoni, due tra i forse più famosi esperti linguistici, poeti e letterati che hanno concretamente tentato di unificare la lingua, guidati probabilmente dal desiderio più alto di unire linguisticamente un Paese, come l’Italia, da sempre frammentato.
La Rivoluzione francese, del resto, ce l’ha insegnato: l’unificazione della lingua porta inevitabilmente unione sociale, politica ed economica.
Da questa frammentarietà infatti noi non guadagniamo niente, né dalle differenze sociali né dalla variopinta ricchezza linguistica.
Chi ci guadagna sono invece i mercati esteri, gli stessi infatti sono in grado, grazie a strumenti tecnologici evoluti come i social media, di arrivare più facilmente a grandi bacini d’utenti, specialmente target più giovani, e a dettare i cosiddetti ‘trend’ comunicativi, mode che forse però non ci rappresentano del tutto.
Popolo idealista e romantico, quello italiano, che ha sempre voluto credere nell’amore e per l’amore. Come Dante con Beatrice, il quale, guidato proprio da questa passione, scrive la Divina Commedia.
Il problema è che, oggi come oggi, l’amore non ce lo possiamo più permettere e l’industria creativa fatica a ingranare, vivendo nell’illusione del domani.
Un vizioso circolo produttivo che punta sul buttar fuori prodotti di scarsa qualità o d’imitazione, guadagnando un profitto sufficiente solo a stare a galla fino al prodotto successivo.
Insomma, un serpente che si morde la coda.
Dinamiche simili si replicano con i ‘nostri’ artisti e lo Star System.
I più scaltri traggono del profitto in più sfruttando l’onda economica di rimbalzo predittiva e imitando trend che in paesi più evoluti, come quelli anglosassoni, sono già stati cavalcati.
Perciò è importante chiedersi oggi, in un Paese che ha prodotto anni fa tra i più grandi registi, stilisti e artisti mai esistiti, quale sia la nostra identità artistica. Come e cosa vogliamo comunicare, quali mode vogliamo e possiamo lanciare? Come possiamo influenzare l’arte e l’economia creando un nostro ecosistema comunicativo?
Inoltre, quanto potrà essere impattante sulla nostra identità artistica il divario che inevitabilmente si genererà dal ricambio generazionale del ‘popolo della televisione’, al ‘popolo dei social’?
Come riuscire a far sì che il mercato creativo si liberi giusto un pochino dall’idealismo per riuscire a costruire una sua autosufficienza economica che sia in grado di acquistare la libertà di esprimerci prima che questa transizione accada?
La Papessa Production si propone come scopo principale quello dell’ascolto e della creazione dello spirito artistico libero. Non solo video, film e storytelling ma comunicazione, arte, libertà, con lo scopo di creare non un sistema creativo nuovo ma un nuovo sistema creativo capace di autosostenersi, di influenzare e generare nuovi talenti.
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