(Parte 4) I Contenuti Arricchiti Ibridi
Cosa sono i contenuti Ibridi?
Pensiamo alle serie TV: quest’ultime creano più che altro un bisogno di ‘andare avanti’ nella narrazione e non di viverla empiricamente.
Non spingono lo spettatore alla riflessione, proiettano un ‘bisogno’ che chiede la visione di un altro ‘bisogno’.
Una fra queste, per esempio, “Emily in Paris”.
Le informazioni racchiuse in questa serie, comprese le sfide narrative, sono più numerose e complesse rispetto ai video di TikTok menzionati in precedenza ma l’intensità emotiva resta a ogni modo bassa e tollerabile dalle prede.
Le sfide dunque sono blande e fanno leva solo in minima parte sull’istinto di sopravvivenza ma permettono tuttavia la memorizzazione commerciale dei vari marchi grazie all’utilizzo di una narrazione accattivante.
In particolare, nel caso specifico di Emily in Paris, ne beneficiano proprio i brand di lusso, cioè i più ‘attaccabili’ da una logica di mercato satura di contenuti, come spiegato in precedenza.
Ecco che, dalla serie, traggono economicamente beneficio marchi come Louis Vuitton, Dom Pérignon, InterContinental Hotels & Resorts, Givenchy, and Chloé e ristoranti francesi come La Rotonde.
Perché quindi non realizzare un investimento pubblicitario facente parte di questa categoria “Arrichita Ibrida” per le aziende?
Una serie web/tv monomarchio o in chiusa partnership.
Indubbiamente più costosa, ma costituente un asset con benefici a lungo termine nella memoria dei consumatori. Oppure, e sarebbe economicamente più abbordabile, realizzare una web series di pochi minuti a puntata, con uno storytelling adattato per i social.
Questa nuova categoria pubblicitaria costituirà il primo passo verso una soluzione efficace.
Sorge ora un ultimo nodo da risolvere, cioè la scarsità di bravi sceneggiatori capaci di portare al successo un contenuto arricchito ibrido.
Sempre parlando di web series, ho visto molti marchi investire nell’aspetto fotografico di questi film-pubblicità, ma pochissimi nell’aspetto narrativo.
Ed è questo il motivo per cui queste pubblicità artistiche sono spesso un flop e non funzionano.
Di bravi sceneggiatori, capaci di valorizzare la storia oggetto della serie televisiva e portarla al successo, ce ne sono pochissimi e non sono reperibili facilmente.
I più sono improvvisati non possedendo le basi letterarie e culturali per riuscire a scrivere una storia accattivante.
Ed è proprio per le serie pubblicitarie come Emily in Paris, pensate e create per una narrazione piacevole ma senza sfide, che entra in campo l’Intelligenza Artificiale, semplificando notevolmente la scrittura della relativa sceneggiatura, con risultati più che discreti.
In conclusione, questa categoria ibrida comprende una sinergia tra l’Intelligenza Artificiale in funzione di supporto e i professionisti di settore, tra cui si annovera la Papessa Production; professionisti appunto capaci di realizzare una composizione ben orchestrata tra l’elaborazione filmica e quella narrativa, a patto che questa tecnologia venga sempre vista con lo scopo della creazione di un prodotto pensato per durare nel tempo.
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